Un altro volume in biblioteca
Piccole considerazioni su “Rifugiati nelle tenebre”
“Un anziano che muore – ha scritto Birago Diop, grande poeta senegalese – è una biblioteca che brucia”. Forse per questo Alessandro parte nel suo narrare proprio da suo nonno. Forse per quella miniera profonda che è la memoria degli anziani, che se ascoltata porta in superficie storie piacevoli da ascoltare, storie che è giusto narrare. Un avvenimento collocato in un tempo che viene prima dell’oggi e dell’adesso è semplicemente vissuto. Poco importa quanto questo passato sia lontano dal presente. Importa invece che l’avvenimento continui a vivere, che rimanga nella memoria della comunità. Se poi il luogo scelto per tale narrazione ci porta dentro la storia, quella con la S maiuscola, allora il nonno da cui Alessandro parte, diventa il nonno di tutti noi, diventa un vero e proprio bene collettivo. Tenere in vita il racconto degli anziani significa dunque tenere sempre aperto il libro della memoria, riscrivere ogni giorno le pagine “necessarie” alla vita della comunità.
È questo che da sempre fa Alessandro. È questo che gli ho chiesto di fare in quest’occasione, commissionandogli questo spettacolo.
E così lo spettacolo nasce, e così lo spettacolo si immerge nei meandri delle catacombe. E la dimensione improvvisamente, tra il dentro ed il fuori, tra la luce ed il buio, cambia. La voce della narrazione, narrante, che si ascolta nelle tenebre, diviene esperienza sensoriale. Al buio il senso dell’udito si amplifica e si percepiscono visioni immaginarie ad accompagnare il racconto. Così si scoprono volti, figure, gesti, luoghi, montagne, miniere, paesi e suggestioni. Ogni emozione è, nella penombra della catacomba fievolmente illuminata da piccole torce elettriche, intima e personale, soggettiva. Profonda. Come profondi sono i luoghi di cui si narra. Catacombe, appunto, o miniere, o case rifugio nelle montagne dei partigiani, o il bunker di cemento che nasconde il camorrista. Rifugiati nelle tenebre. E quando alla fine del percorso narrativo e fisico si torna alla luce, oltre al piacevole fresco sulla pelle, si riporta a casa anche il ricordo di ciò a cui abbiamo assistito, di ciò che abbiamo ascoltato. Che non passa. Resta. In quella biblioteca di storie che custodiamo dentro di noi.